λέγει που Ήράκλειτος ότι πάντα χωρει καί ούδέν μένει καί ποταμου ροηι απεικάζων τά όντα λέγει ώς δίς ές τόν αύτόν ποταμόν ούκ άν έμβαίης Eraclito dice in qualche luogo che tutto scorre via e che niente rimane immobile, e paragonando le cose alla corrente di un fiume afferma che non potresti entrare due volte nello stesso fiume. (Platone, Cratyl, 402a) |
Se sottoponiamo alla considerazione del nostro pensiero la natura o la storia umana o la nostra specifica attività spirituale, ci si offre anzitutto il quadro di un infinito intreccio di nessi, di azioni reciproche, in cui nulla rimane quel che era, dove era e come era, ma tutto si muove, si cambia, nasce e muore. Questa visione primitiva, ingenua,
ma sostanzialmente giusta del mondo
è quella dell'antica filosofia greca
e fu espressa chiaramente
per la prima volta
da Eraclito: (Engels, Anti-Dühring) |
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John Reed | |||||||||
La guerra nell'Europa orientale. 1915 | |||||||||
Balcani e Russia The War in Eastern Europe. 1915 Translated from English | |||||||||
Nel 1918, dopo sette anni di guerra, massacri e «scambio di popoli» – così veniva chiamata all’epoca la «pulizia etnica» – i Balcani venivano «stabilizzati» dai vincitori i quali ricostituivano lo Stato serbo e, appagandone le «aspirazioni», lo facevano divenire Jugoslavia confermando le conquiste del 1912 e 1913 e donandogli il Montenegro, la Vojvodina, la Bosnia e l’Erzegovina, la Dalmazia, la Croazia e la Slovenia. Gli imperialismi vincitori della Prima guerra mondiale miravano a sbarrare in tal modo la strada meridionale al concorrente tedesco, creando sotto la coltre del nuovo ordine un più vasto «groviglio balcanico», disseminato di trabocchetti etnici e religiosi, permeabile alle scorribande di ogni tipo di predoni. In 1918, after seven years of war, slaughters, and “exchange of peoples” – as “ethnic cleansing” was then called – the Balkan area was “stabilised” by the winning powers which recreated the State of Serbia and, fulfilling this latter’s “aspirations”, made it become Yugoslavia by sanctioning the conquests of 1912-13 and giving it Montenegro, Vojvodina, Bosnia, Herzegovina, Dalmatia, Croatia, and Slovenia. The imperialist winners of the First World War aimed at barring their German competitor from the southern route, thus creating a larger “Balkan morass” under the cover of the new order, scattered with ethnic and religious pitfalls, and open to the raids of every kind of predators. A stage in this process was directly witnessed by an outstanding “special correspondent”, the American journalist John Reed, “a man who could see and listen” – according to Lev Trotsky’s definition – through the veil of ideology, as testified by this correspondence written in 1915. Three times in the last century the inflammable material in the “Balkan morass” has burst into flames and the sections of European, Russian, and American imperialism have always been seen crowded around the fuse, struggling against each other for spheres of influence. While “the Balkan seismic fault” has not been settled yet, and is now being attracted by the gravitational field of European imperialism, the reading of this book is of great interest. | |||||||||
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Prima edizione 1997, seconda edizione 2009; rilegato, 304 pagine 1997, second edition 2009, hardcover, 304 pp., chronological tables, index of places, biographies, index of names | |||||||||
ISBN 978-88-86591-01-0 | |||||||||
€ 15,00 | |||||||||
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